LA CITTA’ PRESTATA
È l’ultimo articolo, di Giliolo Badilini, sull’ Eco in forma cartacea. Tanto bello, quanto efficace. Al punto che l’editore l’ha riproposto nell’edizione on-line. Un vero editoriale: di congedo e di entrata. Tra i tanti motivi, condivisibili, che ne hanno motivato la scelta, due intrigano alquanto: il primo perché fotografa l’anima ed il senso dell’essere dell’Eco; il secondo, ancor più profondo, perché ci troviamo al cospetto di un manifesto della più bella politica.
Giliolo diventava sindaco, di Montichiari, il 23 dicembre 1977. Il suo primo banco di prova fu il nuovo mercato del bestiame. Da progettare, e costruire, in luogo diverso. Chi scrive diventava consigliere comunale nel febbraio 1978. Ho vissuto, quindi, il pieno svolgersi della vicenda. Non si trattava, come venne da alcuno trombettato, di spostare il mercato boario e la fiera agricola in altro luogo. Operazione già necessaria per motivi igienico-sanitari ed urbanistici. In realtà era un decisivo passo in avanti d’una complessa manovra, di sviluppo e progresso, che mirava a cambiare profondamente la realtà monteclarense. L’artefice, di questo percorso, è stato Giuseppe Scalvini. Non senza polemiche con “la vecchia guardia”, rappresentata dal galantuomo Bruno Mazza, Scalvini fu eletto sindaco nel 1964.
Nell’Italia del miracolo economico, Montichiari si trovava di fronte ad un bivio altrettanto storico: continuare ad essere il paesone agricolo; o svoltare completamente. E Scalvini fu l’uomo della svolta. Montichiari era dichiarato area depressa. Con l’appoggio dell’onorevole Mario Pedini, Scalvini sfruttò le agevolazioni per le aree sottosviluppate, dando inizio ad una rapida industrializzazione, alla valorizzazione dell’artigianato, ad un intenso programma di opere pubbliche, ad una diversa impostazione dell’urbanistica. Del 1968 è il Piano di Fabbricazione, precursore dei successivi piani urbanistici. Con attenzione all’edilizia economico-popolare, ovvero la casa anche per i meno abbienti. Pier Paolo Pasolini, profeta spesso ignorato o visto con fastidio, in un editoriale sul Corriere della Sera, ebbe a scrivere come fosse impensabile non associare l’idea di sviluppo a quella di progresso. Scalvini e Pedini sicuramente quell’editoriale non l’hanno letto, ma il contenuto di civiltà e cultura, della vita pubblica, l’avevano benissimo nella testa e nei sentimenti. Ed hanno saputo benissimo trasmetterla ai loro allievi e continuatori. Giliolo, anni dopo, ricordava come Scalvini, nei suoi interventi, avesse chiarissimo, nella mente, il divenire del paese che, col tempo, “…dir potrebbesi città”.
Nel 1972 Scalvini passava la mano a Gianantonio Tosoni cui, a fine 1977, succedeva Badilini. A capo dell’allora Ente Ospedaliero, Scalvini gettava le basi del nuovo ospedale, liberando, col successivo spostamento del mercato bestiame, una corposissima area. Così, gli amministratori, finito il “prestito”, restituivano una città decisamente migliorata.
Dino Ferronato